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editoriale
di Fabio Colantoni
Non ci siamo. Dopo la fine del lockdown, in un momento delicato come questo che stiamo vivendo in cui occorre spingere forte per la ripresa dell’economia del Paese, languono for- temente i segnali di ripartenza, quantomeno nel settore dell’edilizia; la maggior parte degli uffici tecnici pubblici cui si riferisce la nostra categoria sono paralizzati e in fase di stallo,
molti risultano ancora chiusi e altri con apertura solo parziale e ad orari molto limitati, per cui riuscire ad interloquire e lavorare con la Pubblica Amministrazione è sfiancante e i tanto sbandierati “Decre- ti” hanno generato solo confusione, disorientamento e tanta irritazione da parte di noi professionisti.
Per il nostro settore produttivo lo smart working è un metodo lavorativo sbrigativo, grezzo e ineffica- ce, inadatto a risolvere i problemi, colossali, della farraginosa macchina chiamata Pubblica Ammi- nistrazione, aggravata inesorabilmente dalla pandemia causata dal coronavirus, che ha provocato ulteriori insopportabili lungaggini burocratiche.
la modalità di lavoro agile a distanza può essere applicata a situazioni di emergenza nazionale o locale per la durata dello stato di necessità, ma deve obbligatoriamente essere interconnessa con le realtà del mondo professionale-imprenditoriale, che vuole ricominciare a lavorare e produrre ed essere a tutti gli effetti riconosciuta e tutelata: traguardi che non si ottengono senza la riapertura degli uffici pubblici.
Il Collegio dei geometri chiede con fermezza alle Istituzioni un segno forte di collaborazione, con- fronto, ascolto della categoria che, quotidianamente con dedizione affronta il settore, per trovare soluzioni applicative e concrete ed assicurare i servizi essenziali per i cittadini, che non si possono svolgere da remoto.
È vero che con alcuni uffici pubblici, come quello del Catasto di Roma, si è riusciti ad avere un buon dialogo e una produttiva collaborazione, di contro altri enti, come l’ufficio del Condono Edilizio di Roma, lentissimo bradipo nella quotidianità, fanno fatica ad interloquire con noi professionisti che continuamente proponiamo nei tavoli di confronto collaborazioni e soluzioni lavorative, sempre ina- scoltate. un esempio calzante per l’attività di base è come una semplice richiesta di informazioni comporti tempi di attesa biblici di minimo di 20 giorni (via email), per non parlare poi dell’avvio di richiesta per l’accesso agli atti ove necessitano addirittura mesi, e va detto che tali lungaggini sono riscontrabili anche presso altri uffici come l’Archivio Progetti del Dipartimento PuA, per fare un esempio tra tanti.
gli uffici della PA non riescono a smaltire l’enorme accumulo di pratiche, di certificazioni e di rilascio dei documenti bloccati da mesi; oggi per ricevere una risposta possono passano anche settimane se si è fortunati, ma è ovvio che non possiamo affidarci al caso o alla buona sorte, ed è lampante che l’indecisione e l’incompetenza del legislatore, lontano anni luce dal concetto di “semplificazione”, non tutela noi tecnici professionisti.
Concludo definendo lo smart working “un alieno senza testa e braccia che tiene in ostaggio gli uffici della PA” e, a nome dei colleghi costretti in questa situazione penalizzante al massimo, chiedo con forza la liberazione dell’ostaggio nell’unico modo possibile: riaprire gli uffici pubblici.
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